
Lancia di Luce, Terni
Un itinerario tra le vestigia di Interamna Nahars: anfiteatri, templi, terme e domus riemergono nel cuore della città moderna
Nel cuore dell’Umbria industriale, un taccuino per raccontare la storia
Mia cara Matilde,
Ti ringrazio con tutto il cuore per il bellissimo taccuino che mi hai inviato! È diventato il mio compagno inseparabile: la copertina in pelle chiara si intona perfettamente con la mia borsa da giorno, e le pagine, ancora quasi inodori d’inchiostro, si stanno già riempiendo delle nostre impressioni, dei nomi dei vicoli, delle persone incontrate e persino del profumo di rosmarino che arriva dai giardini in fiore.
Come ti ho scritto nell’ultima lettera Giovanni ed io siamo molto contenti di esserci trasferiti qui e non perdiamo occasione per conoscere sempre più questi luoghi. Questa mattina ci siamo svegliati con il rumore delle prime campane. Giovanni come sempre, ha insistito per prendere appunti sul nostro itinerario fin dalla colazione: una tazza di caffè, pane con miele e l’immancabile quaderno di viaggio. L’itinerario che ti voglio raccontare è quello della Terni romana. In questa conca straordinaria, abbiamo scoperto molto di più: una città dalla doppia anima, antica e industriale, che convive tra marmo e acciaio, tra colonne e turbine.
Il Duomo: sacro e antico sopra il tempio pagano
Siamo partiti, come promesso, dal cuore della città antica: il Duomo, che sorge laddove si incrociavano il cardo e il decumano massimo. L’attuale cattedrale è frutto di numerosi interventi: secondo la tradizione, la prima chiesa fu edificata nel VI secolo dal vescovo Anastasio sopra i resti di un tempio pagano romano. I restauri del Novecento hanno rivelato tre absidi interrate e un antico rosone. Del periodo romanico rimangono pochi elementi, poiché tra XVI e XVII secolo la cattedrale fu riplasmata secondo il gusto barocco, con il contributo di Gian Lorenzo Bernini. Giorgio ha ricostruito con entusiasmo la pianta della città romana, tracciando linee invisibili tra via Roma e Corso Vecchio, tra via Cavour e via Garibaldi. Una vera griglia ortogonale, con isolati di circa settanta metri, come insegnavano i trattati di Vitruvio. Proprio sotto la piazza si apriva il foro cittadino, il centro della vita civile, amministrativa e religiosa. Di esso non rimangono scavi aperti, ma i toponimi medievali come “Platea Columnarum” e “ad Columnas” ne conservano la memoria.
L’Anfiteatro Fausto: dove echeggiavano i ruggiti del popolo romano
Proseguendo il nostro cammino, ci siamo imbattuti in quella che è forse la più potente testimonianza monumentale: l’Anfiteatro Fausto. Situato presso l’attuale Parco della Passeggiata, conserva ancora gran parte della sua struttura in opus reticulatum a due colori. L’arena è chiusa da un podio decorato con intonaci dipinti di rosso e giallo, e poteva ospitare fino a 10.000 spettatori. Un luogo vibrante di emozioni: Giorgio, con la sua fervida fantasia, mi ha raccontato delle lotte tra gladiatori, delle bestie feroci e della folla acclamante.
Sotto i palazzi nobiliari, la vita romana riemerge
Vicino all’anfiteatro, ci siamo addentrati tra i palazzi nobiliari alla ricerca dei resti del teatro romano: qualche tratto sopravvive inglobato in edifici moderni. Tra questi, Palazzo Spada, oggi sede del Comune, conserva resti di pavimenti a mosaico pertinenti a una domus romana; nei pressi di Palazzo Carrara si suppone esistessero antichi ambienti termali, oggi celati alla vista ma documentati in fonti locali; mentre Palazzo Bianchini-Riccardi custodisce nei suoi sotterranei un criptoportico romano con archi voltati, probabilmente parte di una sontuosa domus del I secolo d.C., emerso durante restauri novecenteschi. Poi, a Palazzo Gazzoli, abbiamo ammirato due ambienti termali ancora leggibili: uno con suspensurae, le colonnine che sorreggevano il pavimento riscaldato; l’altro con mosaici bianchi e neri, delicati e geometrici.
San Salvatore e San Giovanni Decollato: templi pagani, chiese cristiane
Abbiamo poi visitato la chiesa di San Salvatore. L’edificio, noto anche come “Tempio del Sole” secondo una tradizione mai confermata da scavi archeologici, è citato per la prima volta in un documento del 1047 tra le proprietà dell’Abbazia di Farfa come “cella Sancti Salvatoris in civitate“. Gli scavi condotti tra il 1909 e il 1968 hanno rivelato che la chiesa sorge su un’area occupata da costruzioni romane del I secolo d.C., tra cui una domus e ambienti termali. Una botola all’interno dell’edificio consente di osservare i resti: un cortile centrale con vasca, portici laterali con colonne e ambienti affrescati. Tutto è decorato in cocciopesto e mosaici a tessere minute. In epoche successive furono aggiunte la cappella Manassei (sec. XIV) e la cappella Filerna (sec. XVII), oggi sacrestia, entrambe arricchite da affreschi. Più in là, nella zona di piazza San Giovanni Decollato, gli scavi hanno riportato alla luce l’abside di una basilica romana, forse affacciata sull’antico foro, con un pavimento in cocciopesto e conci di pietra sponga disposti a semicerchio.
Tra cisterne e leoni: l’eco della Cibele nella chiesa di Sant’Alò
Camminando lungo via degli Artieri, abbiamo scorto una cisterna a pianta circolare e, nei pressi della chiesa di Sant’Alò, uno degli edifici religiosi più antichi di Terni, probabilmente sorto sul luogo di un tempio pagano dedicato alla dea Cibele e costruito in epoca romanica nell’XI secolo. L’edificio, a tre navate separate da colonne e pilastri, custodisce cicli di affreschi medievali e conserva un portale affiancato da due leoni in travertino. Molti materiali di epoca romana furono reimpiegati, specialmente nella torre campanaria. Qui si trovano anche frammenti di lastra scolpita con protomi bovine e ghirlande, probabilmente appartenenti a monumenti funerari. Alcuni leoni in travertino, reimpiegati nella facciata romanica, sembrano custodire gelosamente i resti del tempo.
Un santo tra amore e martirio: San Valentino, vescovo di Interamna
Passeggiando lungo i viali alberati, ci siamo fermati un momento davanti alla Basilica dedicata a San Valentino, patrono della città e — come ben sai — degli innamorati di tutto il mondo. Vescovo di Interamna nel III secolo, fu uomo di fede e di pace, e secondo la tradizione benediceva le unioni tra giovani cristiani e pagani, attirando così l’ira delle autorità romane. Morì martire, decapitato, il 14 febbraio del 273 d.C. Oggi il suo nome attraversa continenti e cuori, ma qui, in questa città, è ancora una figura viva e familiare. La sua tomba è meta di pellegrinaggi discreti, spesso silenziosi, fatti più di speranze che di parole. Ho lasciato un fiore per noi due, simbolo di quell’affetto che resiste al tempo, proprio come le pietre di questa terra.
Il drago di Terni: dalla leggenda alla scultura d’acciaio
Camminando per la città, ci siamo imbattuti più volte in un drago! Abbiamo poi scoperto che a Terni si tramanda da secoli la leggenda di una creatura misteriosa e temuta — il Thyrus appunto — che secondo la tradizione viveva nei pressi del fiume Nera, o forse in qualche grotta profonda sotto la città. Si racconta che fosse stato affrontato da un giovane cavaliere — c’è chi dice addirittura San Valentino — che, armato solo della sua fede, riuscì a ricacciarlo nel sottosuolo. E ancora oggi, nelle notti di tempesta, qualcuno giura di poterne udire il respiro. Oggi quella creatura mitica ha preso forma concreta in una maestosa scultura in acciaio collocata nella rotonda tra il CAOS e il fiume Nera. Progettata dallo scultore Marco Diamanti insieme al designer Jacopo Cardinali e al ramo creativo Onirico di SEFIN, il Thyrus, alto cinque metri e composto da oltre quattrocento lastre d’acciaio sovrapposte, con fierezza volge lo sguardo al cielo, come un monumento di identità cittadina, espressione della tradizione e dell’innovazione.
Il Museo Archeologico: epigrafi e gladiatori raccontano Interamna
Prima di lasciarci alle spalle il volto antico di questa città, abbiamo visitato il Museo Archeologico di Terni, allestito con cura nei locali del CAOS. Lì sono conservati reperti straordinari: epigrafi, capitelli, ceramiche e la stele del gladiatore Faustino, figura simbolica che sembra restituire voce alla città romana. E come non menzionare l’imperatore Marco Claudio Tacito, nato proprio qui, o lo storico Cornelio Tacito, che alcuni vogliono ternano per nascita? Figure che intrecciano la storia locale con quella universale di Roma.
La Cascata delle Marmore: dove l’ingegno romano scolpisce la natura
Non potevamo lasciare Terni senza una visita alla Cascata delle Marmore, la cui origine artificiale risale al 271 a.C. per volere del console Curio Dentato. Un’opera di ingegneria tanto audace da essere ricordata da Virgilio nell’Eneide. Il salto d’acqua è impetuoso, potente, e incorniciato da una vegetazione lussureggiante. In quel momento, tra lo scroscio delle acque e il vento che ci investiva il volto, ho pensato che questa città davvero unisce la forza della natura alla tenacia dell’uomo.
Acciaio e turbine: l’altra anima di Terni
Terni, cara Matilde, è anche un’altra. Quella che si è reinventata tra la fine dell’Ottocento e il Novecento, facendo scorrere l’acqua dei suoi fiumi non solo nei lavacri termali, ma dentro le turbine elettriche. Abbiamo visitato il Canale Nerino, realizzato nel 1878, che diede impulso al Lanificio Gruber, allo Iutificio Centurini, e alla mitica Fabbrica d’Armi. Abbiamo camminato lungo viale Brin, dove sorgono le case operaie e gli uffici della Società Acciai Speciali Terni, ultime vestigia dell’epopea siderurgica. Una città come una lamina a due facce: una levigata dal tempo e dai fasti dell’Impero, l’altra forgiata col martello e con il fuoco. E in mezzo, l’acqua che tutto muove e tutto collega: i fiumi, i canali, le centrali, le memorie.
Ti aspetto per un nuovo viaggio, stavolta insieme.
Pensavamo di proseguire lungo la Via Flaminia, che attraversa la nostra Umbria come una spina dorsale antica: a Narni, dove l’imponente Ponte di Augusto e le gallerie sotterranee testimoniano la sapienza ingegneristica degli antichi; a Carsulae, l’antica città romana abbandonata, immersa in un silenzio sospeso tra rovine e vegetazione, con il suo foro, il teatro, l’arco di San Damiano e il basolato della Flaminia ancora perfettamente visibile; e infine a Spoleto, con il suo arco di Druso e i resti del teatro romano ancora innestati nel tessuto urbano. Sarà come seguire il battito di Roma lungo le sue arterie millenarie.
Con affetto e fervore,
Tua Luisella
ps: ho comprato due sciarpe: una per me, e una per te, nei colori del verde dell’ Umbria. Qui, tra le pieghe delle colline, resistono ancora piccole aziende che lavorano il cachemire con una cura artigianale sorprendente: filano, tessono, tingono come si faceva una volta, ma con gusto modernissimo. Appena l’ho vista, ho pensato a te.







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