
La conviviale della Delegazione di Terni dell’Accademia Italiana della Cucina sperimenta un menù futurista al Castello di Casigliano
A Casigliano, nel cuore della campagna umbra, la conviviale di maggio dell’Accademia Italiana della Cucina – Delegazione di Terni – si è trasformata in un percorso multisensoriale tra memoria, sperimentazione e radici gastronomiche. A ideare e organizzare l’incontro, le simposiarche Paola Idilla Carella e Giuliana Piandoro, che hanno scelto di puntare su un menù ispirato al Futurismo per raccontare l’Umbria in modo nuovo ma sempre coerente con il territorio.
L’evento si è svolto nella cornice del Castello di Casigliano, luogo già noto per il suo valore storico e architettonico, oggi sede della rinata Locanda. Qui, arte, poesia e cucina si sono intrecciate in una narrazione costruita con attenzione e misura, dove ogni portata ha offerto uno spunto di riflessione sul senso stesso della tradizione.
“L’obiettivo non era stupire con effetti speciali, ma raccontare l’Umbria in modo diverso – ha spiegato Paola Idilla Carella – partendo dalle sue radici, utilizzando una nuova narrazione che fosse insieme rispettosa e provocatoria. La scelta di un menù ‘futurista’, pensato come dialogo tra memoria e avanguardia, ha trasformato la cena in un’esperienza immersiva, dove ogni piatto è diventato racconto, suggestione, viaggio”.
Il castello, con la sua storia millenaria e il recente recupero architettonico, ha offerto il contesto ideale per questo incontro. La serata si è mossa lungo un filo narrativo che ha intrecciato citazioni poetiche, suggestioni pittoriche e ingredienti del territorio, in un percorso sensoriale pensato per chi sa ascoltare i luoghi anche con il palato.
“Il castello di Casigliano, oggi restaurato e restituito all’ospitalità, è carico di storia – ha raccontato Giuliana Piandoro – le sue origini risalgono probabilmente all’epoca romana, quando, secondo le fonti antiche, truppe della gens Casilena si insediarono nei pressi di Todi. Nei secoli successivi, il castello ha vissuto le traversie della guerra tra guelfi e ghibellini, è passato per le mani di famiglie illustri come i Borgia e gli Atti, e ha accolto papi e nobili durante i loro viaggi. Oggi, grazie all’impegno della famiglia Corsini, continua a vivere come spazio di accoglienza e cultura”.
La rinascita recente passa anche dalla cucina. A marzo 2024 è stata inaugurata la Locanda di Casigliano, grazie al lavoro di Diego Cinotti e dello chef Donatello Nuccioni. La loro esperienza, maturata con Lincei Catering, ha dato vita a un progetto che punta sulla qualità e sull’identità territoriale, senza rinunciare a una vena creativa.
La cena di maggio si è inserita in questa cornice. Il menù, definito ‘futurista’, ha preso ispirazione dalle atmosfere artistiche del primo Novecento, intrecciando suggestioni letterarie e visive. La poesia ‘Prima di primavera, ma poco‘ di Mario Luzi ha introdotto le portate, mentre il quadro ‘Umbria Primavera’ di Gerardo Dottori ha offerto uno sfondo visivo e concettuale all’intera serata.
Le pietanze proposte – come l’’Aperitivo Dinamico’ con lenticchie di Norcia e nebbia di menta, o il risotto ‘Macchina dell’Alba’ con zafferano, lavanda e mirtilli – hanno cercato di evocare emozioni oltre il gusto, richiamando i titoli e le atmosfere del movimento futurista. Altri piatti – tra cui ‘Stratificazione Umbra’ con ortiche e ceci neri, ‘Volo Elettrico’ con faraona e sedano di Trevi, o il dessert ‘Zabaionica del Risveglio Profumato’ – hanno unito ingredienti locali a interpretazioni contemporanee.
“E’ stata un’occasione di riflessione sul modo in cui la cucina può farsi racconto e memoria – ha raccontato Paola Idilla Carella – la proposta di un menù ispirato al Futurismo ha voluto aprire una possibilità diversa: osare con rispetto, innovare senza stravolgere, restituendo vitalità a piatti e sapori che rischiano di diventare prevedibili. Non una rottura, ma una continuità consapevole. Un gesto culturale più che culinario, che suggerisce come anche l’identità gastronomica – come ogni linguaggio – abbia bisogno di parole nuove per continuare a parlarsi”.
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