La domanda dell’hotel riconducibile alla famiglia della presidente Proietti è stata presentata solo grazie alla proroga decisa dalla stessa giunta. Un dettaglio che trasforma un bando formale in un caso politico pesante, dove la trasparenza promessa si scontra con un silenzio che fa più rumore delle spiegazioni ufficiali
La proroga che spunta al momento giusto
In Umbria i miracoli accadono. Non sempre nei santuari, a volte nei bandi regionali.
Il bando per finanziare le strutture ricettive scadeva il 28 febbraio. Poi, improvvisamente, la giunta decide di allungare i termini al 31 marzo. Un gesto di generosità amministrativa che, guarda caso, permette a un hotel legato al marito e alla cognata della presidente Proietti di presentare la domanda fuori tempo massimo.
Senza quella proroga, la domanda sarebbe rimasta fuori. Con la proroga, entra.
Saranno coincidenze. O forse no.
Chi prende i soldi pubblici? Una famiglia molto… fortunata
Tra 96 imprese finanziate con quasi 21 milioni di euro, spunta l’Hotel Los Angeles Sas, società in cui il marito della presidente è socio accomandatario e la cognata rappresentante legale.
Un caso lampante di “tutto regolare, ma tutto inopportuno”.
Perché quando il denaro è pubblico, la regolarità non basta: serve dimostrare che non ci sia nemmeno l’ombra del favore indiretto.
E qui l’ombra c’è. Lunga.
La difesa dell’assessore: formalmente ok, politicamente un disastro
L’assessore Meloni tenta una difesa da manuale:
– È tutto legittimo.
– La proroga è stata chiesta dalle associazioni di categoria.
– L’hotel avrebbe comunque ottenuto il punteggio necessario.
Perfetto. Ma resta la domanda che in politica pesa più di tutte le verifiche procedurali:
se quella proroga non fosse stata approvata dalla giunta in cui siede la presidente Proietti, l’hotel di suo marito e di sua cognata avrebbe potuto presentare domanda?
No.
E allora il resto è rumore di fondo.
Opposizioni all’attacco: “Proroga ad personam?”
Le minoranze non ci girano intorno: la domanda dell’hotel è arrivata solo dopo la proroga decisa dalla giunta Proietti.
E questo basta a trasformare un atto amministrativo in un caso politico gigantesco.
La sensazione diffusa — e legittima — è che la proroga abbia avuto un “effetto collaterale” molto circoscritto e molto utile.
Il confine tra opportunità e conflitto di interessi è sottile. Qui sembra proprio segnato con l’evidenziatore.
Il silenzio della presidente: strategia o imbarazzo?
La presidente Proietti, finora, ha preferito non affrontare direttamente la questione. Nessun chiarimento sul perché della proroga. Nessuna parola sul tempismo.
Quando la politica tace, spesso è perché la risposta sarebbe peggio della domanda.
E infatti la domanda resta lì, enorme:
era opportuno che la giunta guidata dalla presidente prorogasse un bando da cui avrebbe beneficiato, indirettamente, la famiglia della presidente stessa?
Ai cittadini umbri l’ardua sentenza.
La questione vera: non la legalità, ma la credibilità
Il punto non è se “era tutto regolare”.
Il punto è che la fiducia nelle istituzioni si misura sulle scelte che evitano ogni sospetto, non su quelle che lo alimentano.
Qui il sospetto non è un dettaglio: è l’architrave dell’intera vicenda.
E se la Regione dell’“Umbria che cambia” inizia a cambiare così, il rischio è che i cittadini capiscano subito il tipo di cambiamento: quello in cui le coincidenze familiari valgono più di mille regolamenti.
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